cluster bomb
disarmo
mine antipersona
| inviato da
BlogMog il 7/9/2012 alle 19:27 | |
Il mio intervento in Aula per non dimenticare il 67° anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima.
Nei prossimi giorni
a Chicago, con il vertice dei Capi di Stato e di governo, la Nato ha
un'occasione per affrontare questioni non banali, che riguardano il futuro e
l'essenza stessa dell'Alleanza
Atlantica. L'agenda è densa, il contesto internazionale fluido e
complesso come raramente negli ultimi decenni, e la crisi economica impone
scelte che non facciano i conti solo con le priorità strategiche ma anche con
esigenze di bilancio sempre più stringenti.
La difesa ai tempi
della crisi, l'occidente ai tempi della complessità globale - potrebbe essere
questo il sottotitolo del vertice di Chicago.
Sono anni che si
parla dell'evoluzione del quadro delle minacce alla sicurezza internazionale, ed il nuovo Concetto Strategico approvato a Lisbona nel 2010 delineava già uno
scenario molto differenziato di fattori di rischio - dalla pirateria al terrorismo, dalla proliferazione nucleare fino alle frontiere della cyber-security.
Un contesto in cui
la tradizionale dimensione militare della difesa va necessariamente
accompagnata da strumenti diversi, più efficaci per prevenire e contrastare
minacce che tradizionalmente militari non sono: intelligence; cooperazione
civile e sostegno allo sviluppo
economico e all'institution building; promozione dei diritti umani e di sistemi giudiziari
efficienti; misure di disarmo e
non-proliferazione nucleare, messa in sicurezza degli arsenali e creazione di
zone libere da armi di distruzione di massa; rafforzamento degli strumenti diplomatici
e di governance regionale e globale; investimenti per la cyber-security. Il
confine tra operazioni militari e strumenti non militari per garantire la
sicurezza internazionale si fa labile, permeabile, confuso: nel bene (la
rivincita del soft power sull'hard power, del valore del partenariato sullo
scontro di civiltà) e nel male (la confusione di ruoli tra civili e militari
nell'ambito delle missioni internazionali, l'uso non sempre lineare dei già
miseri fondi per la cooperazione).
In più, risulta ormai del tutto evidente che la distinzione tra operazioni
"in area" e "fuori area" è diventata fittizia: se la
minaccia è globale, frammentata, delocalizzata, diventa ridicolo ragionare in
termini di frontiere nazionali, o anche continentali, perché la dimensione
della sicurezza si slega sempre più da quella territoriale, e viaggia sui
binari più indeterminati e difficilmente governabili delle dinamiche globali.
È, in fondo, la categoria stessa di "fuori area" ad essere saltata.
Oggi viviamo in un'unica "area
comune", che ci piaccia o no, ed è con questa realtà che dobbiamo
fare i conti.
Di fronte a questo
scenario, la Nato potrebbe quindi fare dell'appuntamento di Chicago l'occasione
per affrontare alcuni dei nodi che sono rimasti irrisolti dopo il vertice di
Lisbona. Ci proverà? In parte sí, tenendo però bene a mente che la priorità di
questo vertice "elettorale" sarà quella di "andare liscio",
"smooth". È il primo vertice Nato che gli Stati Uniti ospitano da 13
anni a questa parte, e non per caso si tiene nella città di un presidente (e
del suo quartier generale elettorale) che da premio nobel per la pace non può
concedere nessun pretesto ai repubblicani per accusarlo di essere un
"commander in chief" debole.
E' il primo vertice
Nato di Hollande, che deve da
una parte assumere credibilità in un contesto internazionale non facile per un
Presidente non solo francese ma anche socialista, e dall'altra non perderne con
i suoi elettori, che dovranno votare ancora per lui alle legislative di metà
giugno. È il primo vertice Nato dopo il reinsediamento di Putin al Cremlino, e l'assenza di
Mosca a Chicago - con la conseguente impossibilità di tenere il Consiglio
Nato-Russia - è senz'altro dovuta ad una persistente difficoltà di condivisione
del progetto di difesa missilistica, ma non può che essere letta anche come un
messaggio di portata più generale sul carattere e sugli orientamenti del
"nuovo" presidente, da sempre meno incline di Medvedev ad un dialogo
più sereno con gli Stati Uniti (e non sembra estranea a questo messaggio anche
la scelta che sia proprio Medvedev a partecipare al G8 di Camp David
immediatamente prima del vertice di Chicago).
Sarà anche il primo
vertice Nato a fare pienamente i conti con la crisi economica e con i suoi effetti sia sui bilanci degli Stati, sia sulle
opinioni pubbliche - e non è un caso che proprio a Chicago si lancino 20
progetti di "Smart Defense" che, al di là di quanto siano realmente
nuovi e condivisi, passeranno il messaggio della razionalizzazione ed
ottimizzazione delle risorse. Sarà quindi senz'altro un vertice dominato dalle
esigenze interne di molti dei suoi protagonisti, con la conseguente necessità
di posticipare le decisioni più problematiche - come nel caso dell'approvazione
della Defense and Deterrence Posture
Review, che se pure porterà la Nato a fare qualche passo avanti sulla
via della revisione della sua politica nucleare, non ne scioglierà certamente
tutti i nodi.
Sarà però
impossibile, anche in questo anno elettorale, ignorare la portata delle sfide
che questo tempo porta con sé. Non è un caso infatti che proprio quello di
Chicago sia il vertice Nato più affollato, con la partecipazione, accanto ai 28 paesi membri, di partner che hanno
partecipato o partecipano a missioni congiunte, per un totale di 53 Capi di Stato e di governo - un
potenziale passo verso la trasformazione dell'Alleanza Atlantica in vero e
proprio hub di reti di partnership
globali.
E sarà l'ultimo
vertice Nato ad occuparsi della priorità Afghanistan, tenendo insieme rassicurazioni di non abbandono del
paese a se stesso (rafforzate dalla stipula di accordi bilaterali di lungo
periodo, ma minate dal grido di allarme di donne ed attivisti per i diritti
umani in Afghanistan), e voglia di mettere fine il più rapidamente possibile
alla dimensione strettamente militare dell'intervento - cosa che oggi, con il
75% della popolazione sotto il controllo delle forze di sicurezza afghane,
appare non solo possibile ma anche necessaria ed urgente. Sullo sfondo, da una
parte il tema delle relazioni tra un'Alleanza Atlantica forse in crisi di
identità ma piuttosto solida dal punto di vista operativo, ed un'Unione Europea ancora orfana di una
politica estera, di sicurezza e di difesa comune, e distratta da altre urgenze;
dall'altra la spietata consapevolezza che non è più l'Atlantico il centro del
mondo - neanche per gli Alleati Atlantici. Forse il vertice di Chicago non
riuscirà ad affrontare e risolvere tutta la complessità di questi scenari, ma
dovrà almeno porre le basi per affrontarla utilmente in un futuro prossimo,
lasciando aperta la porta a riflessioni e decisioni di più lungo periodo.
Articolo pubblicato sul quotidiano Europa sabato 19 maggio 2012
Alla vigilia del vertice NATO
di Chicago del prossimo 20 e 21 maggio, 45 personalità europee, ex premier e
ministri, politici, militari e diplomatici, raccolti dal network internazionale
ELN (European Leadership Network Multilateral
Nuclear Disarmament and Non-Proliferation - www.europeanleadershipnetwork.org) hanno
sottoscritto e diffuso oggi un appello per sollecitare i leader dell’Alleanza
Atlantica a compiere concreti e coraggiosi passi in avanti in materia di
disarmo e non proliferazione nucleare, approvando una “Defence and Deterrence
Posture Review” (DDPR) che riduca i rischi nucleari in Europa e rafforzi le
capacità di difesa della NATO di fronte alle nuove minacce globali del 21°
secolo.
La NATO si è
impegnata al Vertice di Lisbona nel 2010 a lavorare per creare le condizioni di un
mondo senza armi nucleari e, tuttavia, continua a dispiegare le armi nucleari
tattiche in Europa a distanza di vent’anni dalla fine della Guerra fredda.
Il vertice di
Chicago può rappresentare un’importante occasione per iniziare a cambiare
direzione, ripensando e rilanciando, in uno scenario internazionale
completamente modificato, i principi su cui si basa l’Alleanza.
In particolare, in materia di
disarmo e di controllo degli armamenti, l’appello sollecita: un taglio immediato del 50 per cento delle armi nucleari
non strategiche presenti in Europa; un aumento negoziato dei tempi di allarme e
di decisione di natura politica e militare relativi
alle armi nucleari, limitando così il timore della prospettiva di
uno «short warning» rispetto ad un attacco convenzionale; un cambio della
“declaratory policy” della NATO, affermando che il ruolo fondamentale delle armi nucleari è la
deterrenza dell'uso di armi nucleari da parte di altri.
L’appello sollecita inoltre:
una maggiore attenzione per i progetti di cooperazione regionale in materia di
difesa convenzionale, per assicurare credibilità alla deterrenza collettiva
della NATO nel quadro di una riduzione e di un uso più efficiente delle risorse
disponibili; la previsione di un progressivo ritiro delle armi nucleari
tattiche presenti in Europa entro i prossimi 5 anni nel quadro di scelte
bilanciate e ulteriori riduzioni degli armamenti anche da parte russa; il
rilancio di un dialogo approfondito tra NATO e Federazione Russa in materia di
sicurezza e difesa euro-atlantica.
L’appello europeo è
sottoscritto, tra gli altri, da Javier Solana, Michel Rocard, Massimo D’Alema, Gro Harlem Brundtland, Ana Palacio,
Des Browne, Arturo Parisi, Giorgio La Malfa, Federica
Mogherini, Margherita Boniver, Carlo
Trezza, Giancarlo Aragona, Francesco Calogero e Carlo Schaerf.
“E' un appello che rivolgiamo
ai leader dei paesi della NATO, affinché il vertice di Chicago non sia
un’occasione persa. Oggi si possono fare nuovi, concreti passi in avanti in
materia di disarmo e di non proliferazione nucleare. Sta ai leader riuniti a Chicago
compiere le scelte che consentano di non perdere questa occasione. Il livello
ed il numero di sottoscrittori di questo appello è un segnale importante, che
segue il pronunciamento del Parlamento italiano di pochi giorni fa, quando è
stata approvata all’unanimità una mozione che impegna il Governo Monti proprio
su obiettivi analoghi.
Ora ci auguriamo che questo
appello non cada nel vuoto: ci sono le condizioni per rilanciare il ruolo
globale dell’Alleanza Atlantica, assicurando allo stesso tempo la riduzione dei
rischi nucleari in Europa e l’adozione di misure concrete nella direzione più
generale di un mondo libero da armi nucleari”.
E’ quanto dichiara Federica
Mogherini, deputata, responsabile PD globalizzazione e membro del gruppo
italiano dell'ELN – European Leadership Network for Multilateral Nuclear
Disarmament and Non-Proliferation.
Quì puoi leggere il testo dell'appello dell'ELN in vista del Vertice NATO di Chicago.
Bene ha fatto Monti a confermare, pur nel pieno della tempesta sulla riforma del mercato del lavoro, il suo viaggio in Asia. Non solo e non tanto perché ora la discussione della riforma spetta al parlamento, ed alla sua capacità di apportare le necessarie modifiche. Ma soprattutto perché questo viaggio offre all’Italia l’opportunità di riuscire in tre obiettivi strategici per il nostro paese.
La prima missione, quella più evidente, è senza dubbio quel road show, mix di promozione del “sistema paese” e ricerca di investimenti diretti che, se fatto in una parte del mondo che come il Nordest asiatico conosce tassi di crescita impressionanti e ha il buon senso di proiettare i propri investimenti sul lungo periodo, può avere effetti positivi dirompenti per la nostra economia reale. Cosa prioritaria, di questi tempi.
La seconda missione è legata al profilo internazionale del nostro paese. Dopo il sospiro di sollievo che l’uscita di scena di Berlusconi ha provocato nei nostri interlocutori in ogni angolo del mondo, serve consolidare la ritrovata credibilità italiana attraverso una fitta rete di relazioni politiche e diplomatiche ed un’affidabile presenza dell’Italia nelle sedi multilaterali. Da questo punto di vista, il summit di Seoul sulla sicurezza nucleare ha offerto all’Italia l’opportunità preziosa di tenere incontri bilaterali al più alto livello, e di portare contestualmente in una sede multilaterale importante la propria posizione su temi cruciali per la sicurezza del pianeta.
E qui veniamo alla terza missione, meno evidente al grande pubblico ma non per questo meno importante: dare all’Italia un profilo netto nell’impegno per il disarmo e la non-proliferazione nucleare, contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo del global zero, l’eliminazione totale della minaccia delle armi nucleari in un futuro non troppo lontano. Il summit di Seoul ha avuto certamente i suoi limiti e le sue contraddizioni, prima fra tutte la finzione di tenere fuori dall’agenda ufficiale dei lavori il tema del disarmo e della non-proliferazione, circoscrivendo l’ordine del giorno alla safety & security relative al rischio di incidenti in ambito di uso civile e di accesso da parte di singoli, gruppi o organizzazioni terroristiche a materiale utilizzabile per attentati o “bombe sporche”.
Questa impostazione, già sperimentata nel primo summit sulla sicurezza nucleare di Washington del 2010, aveva allora la funzione di coinvolgere, alla vigilia di una conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione dall’esito incerto, paesi chiave che a quel processo non avrebbero partecipato.
Oggi, tenere il secondo summit a Seoul, nel cuore delle tensioni con Pyongyang, nel momento in cui il regime Nordcoreano è nel pieno di una complicata transizione che lo porta ad oscillare tra segnali di buona volontà e minacce di nuovi impianti missilistici, parlare di nucleare schivando il tema della non-proliferazione e del disarmo appare vagamente surreale. Ed infatti, il tema è stato ampiamente al centro delle conversazioni bilaterali. Nonostante questo limite, peraltro aggirato, il vertice di Seoul ha avuto una portata simbolica e politica fondamentale: è stata l’occasione per tenere aperta quella finestra di opportunità che Obama aveva splendidamente aperto con il discorso di Praga del 2009 e che, dopo i risultati del 2010 (la firma del nuovo trattato Start tra Usa e Russia, il successo della conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione, il varo di una nuova nuclear posture negli Stati Uniti) rischia ora di chiudersi. Il 2011 è stato un anno tiepido, proprio mentre la vicenda dell’Iran e della Corea del Nord avrebbero richiesto alle potenze nucleari quella coerenza sul disarmo che sola dà forza e legittimità necessarie a guidare una dissuasione efficace.
Il 2012, anno di transizione elettorale o di leadership in tutti i paesi chiave (Usa, Russia, Cina, Francia, le due Coree), può diventare l’attesa del rilancio dei processi di disarmo e non-proliferazione, o al contrario segnare la chiusura di una stagione di speranza e di pace. Per questo, la riuscita del summit di Seoul - segnata dalla partecipazione di un numero impressionante di capi di governo e dal consenso sulla dichiarazione finale, e non offuscata dalle mediazioni raggiunte sul testo – è stato un passaggio fondamentale: perché segnala l’intenzione della comunità internazionale di confermare la volontà politica di percorrere la strada del disarmo, di non chiudere quella finestra di opportunità.
Come questa intenzione si tradurrà in scelte concrete sarà più chiaro nei prossimi mesi: già al prossimo G8 Obama potrebbe proporre alla Russia un nuovo pacchetto di riduzione delle testate, con qualche significativa novità anche sulle armi nucleari tattiche presenti in Europa (ed ospitate anche in Italia). Poi, il vertice Nato di Chicago dovrà adottare una Defence and deterrence posture review che definisca la dottrina dell’Alleanza in merito al ruolo delle armi nucleari, ed il destino di quelle armi nucleari tattiche americane presenti in Europa che non svolgono più alcun ruolo militare e rappresentano ormai solo un inutile e pericoloso retaggio della guerra fredda. Quale sarà la posizione italiana in quella sede è questione niente affatto irrilevante ed ancora da definire.
Il nostro paese, da sempre convinto sostenitore dell’opzione zero, negli ultimi anni è stato invece più che timido su questo dossier, in sede Nato. La missione di Monti in Asia, nella sua tappa coreana, può essere la premessa per un profilo dell’Italia più netto a sostegno dei processi di disarmo e non-proliferazione in cui molti nel mondo – a cominciare dall’amministrazione Obama – sono giustamente impegnati.
Articolo pubblicato sul quotidiano Europa mercoledì 28 marzo 2012
Agenda
27 febbraio 2012
0commenti

Parteciperò alle ore 16.00 al dibattito "Disarmo e non proliferazione nucleare tra realtà e retorica”. Presentazione del VII Annuario Armi e Disarmo La Pira di IRES Toscana presso la Sala Regia di Palazzo Gambacorti, a Pisa.
Questa mattina alla Camera dei Deputati si è svolta la presentazione del Rapporto “Reducing Nuclear Risks in Europe. A framework for action” curato da Steve Andreasen e Isabelle Williams per l’organizzazione statunitense “Nuclear Threat Initiative”.
La presentazione, promossa dai parlamentari Federica Mogherini e Giorgio La Malfa e dal gruppo italiano dell'ELN – “European Leadership Network for Multilateral Nuclear Disarmament and Non-Proliferation”, ha registrato la partecipazione qualificata di rappresentanti del governo italiano, di esponenti delle Forze Armate, del mondo diplomatico e accademico, della società civile.
Si è trattato di un’occasione utile per approfondire il dibattito in corso sulla definizione della nuova strategia nucleare della Nato, ed in particolare sul futuro delle armi nucleari tattiche in Europa, in vista del processo di revisione della “Defence and Deterrence Posture” della NATO, che si concluderà a maggio con il vertice di Chicago.
“Il rapporto dell’NTI offre utili elementi di analisi e proposte concrete per portare l'Alleanza fuori dall'illusione di poter semplicemente galleggiare sulla conservazione dello status quo, in uno scenario globale che presenta rischi e minacce molto diversi da quelli di qualche decennio fa, ed in continua evoluzione. Oggi la presenza di armi nucleari tattiche in territorio europeo non risponde ad alcuna utilità militare, ma rappresenta piuttosto un pericolo se si pensa che possono essere oggetto di attività terroristiche, e che la messa in sicurezza e la manutenzione di questo tipo di armi, delle basi in cui sono ospitate, e dei velivoli, distoglie risorse del bilancio della difesa che potrebbero essere usate in modo più proficuo - soprattutto oggi.
Il rapporto sottolinea la necessità che la NATO adotti una nuova strategia nucleare, adoperandosi per una maggiore trasparenza nella gestione delle armi nucleari tattiche in Europa, rilanciando e approfondendo il dialogo con la Russia in funzione di una mutua riduzione di questi armamenti, passo essenziale per costruire un mondo libero dalla minaccia nucleare.
In questo ambito, l’Italia può e deve svolgere un ruolo positivo a sostegno di obiettivi di disarmo e di non proliferazione che possano maturare attraverso una discussione consensuale in seno all’Alleanza Atlantica e nel dialogo euro-atlantico con la Federazione Russa.
Per questo, ci impegneremo sin dalle prossime settimane affinché il Parlamento italiano possa affrontare una discussione su questi temi, offrendo al governo un orientamento che ci auguriamo possa essere chiaro e largamente condiviso in vista del vertice NATO di Chicago a sostegno di scelte di maggiore sicurezza, fiducia reciproca e consenso sugli obiettivi di non proliferazione, disarmo nucleare e controllo internazionale sugli arsenali nucleari”.
E’ quanto dichiara Federica Mogherini, deputata PD e responsabile PD globalizzazione.
“Si celebra in questi giorni la “Settimana per il Disarmo” delle Nazioni Unite, un’iniziativa che ha l’obiettivo di far crescere una coscienza globale sull'urgenza e l'importanza di fermare la corsa agli armamenti, operando per una loro riduzione progressiva, attraverso controlli pubblici internazionali sempre più credibili e rigorosi.
La scelta di far iniziare ogni anno questa settimana il 24 ottobre, anniversario della fondazione delle Nazioni Unite, ha un valore simbolico che merita di essere sottolineato, perché conferma la volontà di costruire un ordine internazionale fondato sulla pace e la cooperazione tra popoli.
In un mondo in cui sono ancora seri i rischi di proliferazione nucleare, di sviluppo fuori controllo della tecnologia nucleare per finalità militari, di corsa al riarmo, è importante che si rilanci l’impegno della comunità internazionale in particolare per il disarmo e la non proliferazione nucleare, per giungere ad un mondo completamente libero dalla minaccia delle armi nucleari.
L’Italia e l’Europa possono svolgere un ruolo importante in tal senso, lavorando sempre più in modo coordinato nelle sedi multilaterali, per far sì che iniziative come quelle delle Nazioni Unite trovino riscontro in scelte concrete nella direzione del disarmo internazionale”.
E’ quanto dichiara Federica Mogherini, deputata PD e Responsabile Globalizzazione del PD.
Si è costituito oggi a Montecitorio, con la partecipazione del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, il Gruppo italiano per il disarmo nucleare e la non proliferazione, formato da personalità del mondo politico, diplomatico, militare e scientifico. Il Gruppo fa parte dello “European Leadership Network for Multilateral Nuclear Disarmament and Non Proliferation” (ELN), organismo composto da personalità di vari paesi europei, compresa la Russia, che condividono l'obiettivo della riduzione degli armamenti nucleari.
Alla riunione ha partecipato Lord Desmond Browne di Ladyton, ex ministro della Difesa britannico e fondatore del ELN.
"Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale contro i test nucleari, istituita dalle Nazioni Unite nel 2009.
L’impegno a porre fine ai test nucleari rappresenta una premessa essenziale nella prospettiva di un mondo libero da armi nucleari.
E’ importante che la ricorrenza di questa giornata internazionale serva ad incoraggiare l’intera comunità internazionale a compiere ulteriori passi concreti per l’entrata in vigore del Trattato di messa al bando dei test nucleari (CTBT), con un impegno alla sua ratifica da parte di tanti paesi che ancora non lo hanno recepito e che ne impediscono così la sua piena attuazione.
In un mondo ancora attraversato da rischi concreti di proliferazione nucleare, di sviluppo della tecnologia nucleare per finalità militari, di corsa al riarmo, la messa al bando dei test nucleari darebbe nuova e forte credibilità all’impegno per arrivare ad un mondo completamente libero da armi nucleari".
E’ quanto dichiara Federica Mogherini, deputata PD, segretario della Commissione Difesa della Camera e responsabile nazionale PD politiche globali.
nucleare
disarmo
bando test
| inviato da
BlogMog il 29/8/2011 alle 17:11 | |