“Le conclusioni della riunione di oggi del Consiglio Supremo di Difesa mi sembrano molto positive, soprattutto per alcune indicazioni utili al rilancio del ruolo dell’Italia sulla scena internazionale e alla ridefinizione del suo sistema di difesa.
In particolare, è importante che la conferma dell’impegno italiano sulle missioni internazionali sia accompagnata da una specifica indicazione a determinare le priorità di intervento e ad investire in modo più mirato rispetto alle diverse aree di crisi in cui i nostri militari sono presenti.
E' importante, inoltre, che si confermi l’intenzione di rimodulare alcuni dei principali programmi di investimento per i sistemi d’arma, alla luce di un nuovo modello di difesa che possa essere più sostenibile e meglio focalizzato sulle nuove priorità di sicurezza nazionale e di impegno internazionale dell’Italia.
E', infine, pienamente condivisibile l’indicazione di lavorare ad una progressiva integrazione europea delle Forze Armate ed è auspicabile che la preannunciata “innovativa iniziativa italiana” in questo ambito possa presto concretizzarsi, dando un contributo, di cui c’è estremo bisogno, all’approfondimento dell’integrazione politica europea in tutti gli ambiti, a partire proprio dal settore della sicurezza e della difesa.
Sarà ora compito del Parlamento, insieme al Governo, dare seguito a queste indicazioni, traducendole in scelte concrete che possano consegnare all’Italia uno strumento militare rinnovato e sostenibile, al servizio della sicurezza nazionale, della progressiva integrazione europea e della proiezione sulla scena internazionale per promuovere obiettivi di pace e di cooperazione”.
E’ quanto dichiara Federica Mogherini, deputata PD, Segretario della Commissione Difesa della Camera e Responsabile Globalizzazione del PD.
Tradizionalmente, sul tema della partecipazione italiana alle missioni internazionali si esibisce la continuità.
Quasi che restare saldi nel solco tracciato da chi “c’era prima” fosse di per sé un valore. Forse perché questo è stato, finora, l’unico modo per evocare un consenso trasversale, bipartisan. Ma oggi, con un governo che non ha radici nei partiti ed un inedito sostegno parlamentare – trasversale per nascita, libero negli orientamenti per aspirazione – proclamare la continuità non serve più. E così, al netto di qualche arrampicata sugli specchi che tenta Frattini (in preda ad un’imbarazzante crisi di ruolo che lo porta a fare il relatore parlamentare di un provvedimento che fino a due mesi fa firmava da ministro) e che La Russa per una volta si risparmia, la discontinuità è libera di venire allo scoperto. Cosa c’è di così diverso, in questo decreto missioni? Molte cose, alcune fondamentali. Innanzitutto una piccola grande formalità: dopo tre anni di frammentazione del finanziamento, che era arrivato a volte a coprire anche solo uno o due mesi, il decreto dà ai militari e ai civili italiani che operano in teatri di crisi – ed ai nostri partner internazionali – un anno di certezze, rifinanziando quel fondo missioni che il governo Berlusconi aveva di fatto abolito. Sembra un dettaglio, ma è un grande segnale di affidabilità e serietà – che, di questi tempi, non guasta. Poi, due grandi affermazioni di principio: da una parte la necessità di un approccio “integrato” alla sicurezza – ovvero non solo militare ma anche e soprattutto diplomatico, civile, attento ai fattori di sviluppo economico e all’affermazione dei diritti umani. Dall’altro, l’esigenza non più rinviabile di procedere speditamente sulla via dell’integrazione europea nel campo della difesa. Se si pensa alla sufficienza con la quale La Russa trattava questi temi, la discontinuità appare in tutta la sua evidenza. Ma entriamo nel merito: si tagliano quasi duecento milioni rispetto al 2011, facendo delle scelte selettive – l’opposto della logica dei tagli lineari cari a Tremonti. Cresce l’investimento in cooperazione civile, sia nel teatro dell’Afghanistan e del Pakistan sia nelle altre aree di crisi: 22 milioni in più non sono un’enormità, ma in rapporto ai fondi quasi inesistenti della cooperazione non sono pochi e, soprattutto, invertire la tendenza in un anno di difficoltà di bilancio come questo è un grande segale politico. Si rifinanzia, con un incremento, il fondo per lo sminamento. Parallelamente, diminuisce la spesa per la componente militare delle missioni, ma con delle scelte selettive. Cala di circa 200 unità la presenza militare in Afghanistan, coerentemente con il progressivo passaggio di consegne alle autorità afghane in molte zone del paese e con la riduzione degli altri contingenti Isaf; si pone termine ad alcune missioni minori, ormai esaurite dal punto di vista militare – come in Iraq, dove restano in piedi solo progetti di cooperazione civile; in Libano, pur assumendo il comando della missione Onu, si riduce il numero dei militari, ma meno di quanto prevedesse di fare il precedente governo – in virtù della maggiore instabilità dell’area che dal confine Libano-israeliano si estende fino alla Siria. E poi, si sceglie di aumentare la presenza militare in aree strategiche per l’Italia e per l’Europa, dove il nostro valore aggiunto è riconosciuto sia dagli interlocutori locali sia dalle organizzazioni internazionali, e dove il rapporto costi-benefici è più alto: penso ai Balcani, di cui il precedente governo si era scarsamente occupato, o al sud Sudan. Infine – last but not least – la Libia. Delle contraddizioni del governo Berlusconi è difficile dimenticarsi, dal baciamano in poi. Il governo Monti non può che avere tra i suoi obiettivi principali quello di ricostruire una credibilità perduta anche qui, nel mediterraneo, con quei paesi oggi impegnati in transizioni difficili e non univoche – dall’Egitto alla Tunisia, passando per la Libia, dove Monti sarà in visita ufficiale domani. Finito, mesi fa, l’intervento militare, oggi è prioritario dare seguito alle altre, successive risoluzioni delle Nazioni Unite: sostenere la nuova Libia nel momento più critico, quello della ricostruzione, della riconciliazione nazionale, della formazione di una struttura amministrativa e delle forze di polizia, dello sminamento del territorio e della bonifica dall’enorme quantità di armi in circolazione nel paese. Per questo prevedere già per il 2012 un impegno, seppur minimo e ancora molto flessibile, di assistenza civile e militare alla complicata e delicata fase di costruzione della nuova Libia è una scelta saggia e lungimirante, che ben si accompagna alla volontà di recuperare un ruolo credibile e positivo nella regione del mediterraneo. Dalle prossime settimane, superato il passaggio di ridefinizione della nostra partecipazione alle missioni internazionali, andranno affrontate altre ed altrettanto importanti questioni, a cominciare dalla revisione del sistema di difesa e, conseguentemente, della razionale allocazione delle risorse tra le diverse voci di bilancio, per finire con la rimodulazione di alcune scelte sulla produzione e l’acquisto dei sistemi d’arma – compresi gli f35. Il ministro Di Paola ha giustamente indicato nella prossima riunione del consiglio supremo di difesa prevista per l’8 febbraio un passaggio cruciale per questo processo. Toccherà contestualmente al governo e
al parlamento svolgere una revisione del sistema di difesa che sia complessiva, razionale e trasparente.
Articolo pubblicato su "Europa" sabato 21 gennaio 2012
“Desidero esprimere il mio personale cordoglio e la vicinanza al dolore dei familiari per la scomparsa del tenente Riccardo Bucci, del caporal maggiore scelto Mario Frasca, e del caporal maggiore Massimo Di Legge, avvenuta oggi nella zona di Herat, mentre assolvevano alle loro funzioni nell’ambito della missione internazionale per la pacificazione e la stabilizzazione dell’ Afghanistan.
Rinnovo, anche in questa occasione, il ringraziamento e il sostegno alle Forze Armate per la loro opera quotidiana e generosa a sostegno della pace, che assicurano con competenza e rigore in tante aree di crisi a livello internazionale”.
E’ quanto dichiara Federica Mogherini, deputata PD, Segretario della Commissione Difesa della Camera dei Deputati e Responsabile Globalizzazione del PD.
“E’ proprio nei giorni di dolore come questi che non si deve fare polemica e strumentalizzare per bassi fini di bottega chi all’estero ci rappresenta, a volte anche col sacrificio della vita. E’ bene ricordare che sono Governo e Parlamento ad aver deciso il nostro impegno internazionale nelle aree di crisi. E che lo stesso Governo e lo stesso Parlamento devono dimostrare di essere all’altezza dei loro compiti, sapendo esprimere un adeguato senso di responsabilità, soprattutto in momenti difficili come questi.
Per questo, voglio esprimere il mio personale cordoglio e la vicinanza al dolore dei familiari per la scomparsa del Primo Caporal Maggiore David Tobini, caduto oggi mentre era impegnato in un’attività congiunta con forze afgane nella valle del Murghab, nella provincia di Badghis”.
E’ quanto dichiara Federica Mogherini, deputata PD e Segretario della Commissione Difesa della Camera dei Deputati.
"Oggi abbiamo avuto conferma del fatto che, dopo tanti indecorosi balletti, sulle missioni nulla di sostanziale è davvero cambiato: resta identico l'impegno in Afghanistan; sulla Libia ci si limita a registrare che si è esaurita la funzione della portaerei Garibaldi e quindi la si può far rientrare; sul Libano si viene a scoprire che la famosa riduzione del nostro contingente (700 uomini in meno rispetto ai 1.800 attualmente impegnati) in realtà non è stata ancora formalmente concordata con le Nazioni Unite e quindi non avrà luogo se non dopo questo passaggio, ed in ogni caso non prima di dicembre. Per fortuna, perché delle tante aree in cui siamo impegnati, il Libano è certamente tra quelli in cui meglio abbiamo operato, ed è ancora lontano dalla stabilità (basti pensare alla vicina Siria).
L'unica vera notizia è che vengono ulteriormente tagliati i fondi per la cooperazione allo sviluppo, già decimati nel corso di questi tre anni di governo Berlusconi fin quasi ad azzerarsi.
E' esemplare il caso dell' Afghanistan, dove proprio ora che si avvia la fase di transizione e di trasferimento dei poteri alle autorità afgane, si arriva a spendere di più che negli ultimi 10 anni sull'intervento militare, e si tocca invece il minimo storico sulla cooperazione civile.
Ma è evidente che questo governo ormai non ha né le idee, né la credibilità, né la serietà necessarie per gestire la complessa partita delle missioni militari”.
E’ quanto dichiara Federica Mogherini, deputata PD e Segretario della Commissione Difesa della Camera dei Deputati.

Il mio intervento (al minuto 02.00.10) di oggi alla riunione delle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato sugli
sviluppi relativi alle missioni internazionali.

P.S. Il titolo in realtà è fuorviante: dal Darfur non veniamo via, perché non ci siamo mai stati. Negli anni precedenti gli stanziamenti per la missione in Darfur erano stati previsti, ma non utilizzati, ed è probabile che lo stesso sarebbe successo anche questa volta. Il fatto grave è piuttosto la rinuncia a pensare che ci possa essere una missione in Darfur e a prendere un’iniziativa perché questa possa svolgersi concretamente.